L’arrivo dei conquistadores spagnoli nel “Nuovo Mondo” ha creato uno spartiacque temporale per le popolazioni indigene che abitavano il Continente. Oggi, come allora, dopo l’apparizione nel 2007 di Rafael Correa sulla scena politica dell’Ecuador, si è costretti a parlare di un prima e di un dopo. I cambiamenti introdotti dal giovane presidente socialista hanno inciso così a fondo sulla coscienza civile del Paese da provocare una trasformazione che trova ben pochi paragoni nel resto del mondo.
Correa è il presidente del partito Alleanza Pais che ha promosso la campagna denominata Revoluciòn ciudadana, slogan che ormai troneggia in ogni luogo di questo piccolo Paese, adagiato sulla linea dell’Equatore, che alterna paesaggi della foresta amazzonica, della sierra andina e della costa pacifica.
Ad oggi una fitta rete di strade asfaltate attraversa l’Ecuador facilitanto spostamenti che altrimenti richiederebbero giorni e rendendo accesibili zone rimaste da sempre isolate. Correa è anche il presidente che ha avuto l’onore di firmare la nuova costituzione dell’Ecuador entrata in vigore 28 settembre del 2008, esempio di socialismo applicato e non solo ideologico.
Il presidente ecuadoregno si è fatto conoscere fuori dal Sud America per aver lanciato “La mano sucia de Chevron” (la mano sporca della Chevron) – questo il nome della campagna – partita dal pozzo Aguarico 4, nella regione di Sucumbíos, una delle aree fortemente contaminate tra il 1972 e il 1990 dalla Texaco, acquisita a partire dal 2001 dalla multinazionale statunitense Chevron che ha scaricato tutte le responsabilità sull’azienda statale ecuadoriana Petroecuador.
Nonostante questo Chevron fu condannata nel febbraio 2011 da un tribunale di Sucumbíos che convalidò le denunce presentate dai legali di 30.000 abitanti della regione amazzonica; la stessa corte inizialmente fissò a 9,5 miliardi di dollari la multa ponendo delle condizioni, come l’obbligo di porgere “pubbliche scuse alle vittime”, pena l’aumento della sanzione. Il colosso nordamericano ha opposto, invano, svariati ricorsi – uno dei quali respinto dalla stessa Corte suprema statunitense. Insomma il cammino di questo piccolo Paese verso il progresso sembra inarrestabile. Il suo presidente apparso all’inizio un Don Chisciotte moderno, non smette di stupire i suoi delatori sia all’interno e fuori del Paese.
Non è però tutto oro quel che luccica, recitava un vecchio proverbio, infatti molti sono i coni d’ombra che accompagnano questa crescita vorticosa e molte sono le cose da scoprire dentro al vaso di Pandora di Rafael Correa.
Nel prossimo articolo approfondiremo meglio ciò che si intende per Revolución Ciudadana e cosa implichi questo processo per il tessuto sociale ecuadoriano.